Fight Club
D.Fincher
Mentre leggete questa lunga recensione vi consiglio di
mettere in sottofondo la colonna sonora di questa superlativa pellicola perché,
anche la musica ne scandisce i passaggi e le evoluzioni. Che poi…è quello che
sto facendo io mentre la scrivo.
Premetto che è uno dei mei film preferiti e so che di
recensioni su Fight Club ne sono presenti a iosa, anche dal punto di
vista psico.
E’ il lato psico che mi intriga a tal punto da buttare giù “qualche”
riga che mi nasce dal cuore. Devo ammetterlo questo per me non è solo un film…
La pellicola “inizia dalla fine”. Il protagonista con una
canna di una pistola in bocca, ci illumina sulla imminente esplosione che
avverrà a qualche isolato da loro. Il narratore, che non ha un nome ma che
verrà identificato con Jack, e poi scopriremo perché, ci dice che questa roba
delle esplosioni e della rivoluzione è già in atto e non si può fermare. Lui
“tutto questo lo so perché lo sa Tyler”.
Ma chi è Tyler? Anzi no…il protagonista ci guida in questo
caotico universo, ponendoci dinnanzi ad un sentiero e ci dice che “tutto questo
ha a che fare con una ragazza di nome Marla Singer”. Sì…perché questo è un film
d’amore. O meglio è un film su una storia d’amore. Amore, patologia, economia,
violenza e attacco al sistema…possono essere i nuclei attorno ai quali si
delinea una storia. La voce fuori campo è quella del narratore, che appunto
chiamiamo Jack, forse ha un disturbo bipolare. Non dorme da sei mesi e mentre
vive una apatica, fredda, desolazione irreale, gli subentrano altrettanti illusori
pensieri di vita o di morte. Data la sua attuale natura distaccata, necessita
di dettagli temporali che gli forniscono il metro del giorno “deve essere
martedì, indossava la sua cravatta blu fiordaliso", riferendosi al capo.
Poi siamo nella sua casa, nel confortevole e rilassante nido
Ikea. Antro particolare che si è costruito ad hoc, nel tentativo di mettere
ordine nel suo inconscio che, invece, ha ben poco di confortevole. Mentre Jack
cerca di pensare a quale salotto lo caratterizza meglio come persona, non
possiamo non cogliere una crisi identitaria aperta. Si, Jack è in crisi e lo è su
tanti piani. Non dorme e va dal medico che gli suggerisce di “darsi una
calmata”, altro dettaglio che ci fa propendere per un disturbo dell’umore e lo
invia alla chiesa metodista a vedere la vera sofferenza. E lui ci va. Da qui si
apre un mondo, il suo. Inizia ad approcciare ad una serie di gruppi di sostegno, non come un osservatore passivo ma come protagonista. E li trova un amico, Bob. La
prima persona che lo porta ad aprirsi… “Coraggio puoi piangere” e lui… Si
sblocca, piange anche lui come gli altri. Ecco la prima vera, libera
espressione di sé. Lì, nell’abbraccio soffice e morbido di un uomo che ha perso
tutto e ha solo da guadagnare dall’apertura. Lui in ogni gruppo che frequenta
ha un nome diverso, una identità diversa, un disagio diverso. Lui è tutti,
Cornelius, Rupert, Trevor…e non è nessuno.
Cercava accoglienza, contenimento per dirla alla Bion…ma
ormai è diventata una droga. Ne è dipendente. Si, perché l’amore e
l’accoglienza, quando non li abbiamo mai percepiti possono diventare una dipendenza.
Ora è il “piccolo centro caldo”. Eccolo Jack che durante una meditazione
guidata, si ritrova nella sua caverna fatta di ghiaccio e solitudine e poi
arriva il suo animale guida, un pinguino che con la voce di un bambino, ricalca
l’eco del suo bimbo interiore che gli chiede di “scivolare” dentro di sé.
Eh…tutto procede bene fino a quando non arriva lei. I suoi
tacchi rumorosi e disturbanti… lei, con i suoi occhiali scuri e la sigaretta
ribelle. Lei frequenta i suoi stessi gruppi. “Marla…la sua bugia rifletteva la
mia” e quindi non riusciva più a piangere. Il nostro narratore tenta e ritenta
di viversi i gruppi come al solito ma durante una meditazione, il suo inconscio
palesa qualche cambiamento. Il suo animale guida ora è Marla. E’ lei nella caverna
che gli chiede di scivolare… “Marla, il taglietto sul palato che si
rimarginerebbe se la smettessi di stuzzicarlo con la lingua, ma non puoi”. La
rabbia di Jack monta e lui decide di affrontarla “ti ho scoperto”, le dice dopo
averla brutalmente strattonata. Sì perché si nota una stretta virile, decisa,
determinata, un movimento particolare mai visto in lui fino a quel momento. In
quell’istante di confronto, c’è una presa di posizione di entrambi ma c’è un
momento di incontro, di scambio dove l’una termina la frase iniziata
dall’altro. E’ un breve istante ma intenso e forse, il primo vero, intimo, contatto tra le due anime. Mentre tentano di trovare un compromesso dividendosi
i giorni della settimana, possiamo notare lo stile di vita di Marla. Una vita
improntata sul qui e ora, sulla vendita di vestiti non suoi, sul rischio e la
ricerca della morte, quasi in un atteggiamento provocatorio nei confronti della
vita stessa. Marla ha un nucleo tanto patologico quanto affascinante. Vive
sull’onda dell’impulso e sulla libera espressione di sé e dei suoi vissuti
emotivi. Marla è tanta roba. Possiamo immaginare nella sua struttura borderline, un’anima ferita, una bambina sola, trascurata e probabilmente
maltrattata…un’anima adulta che da una parte non si aspetta più nulla e
dall’altra istiga questo nulla, alla ricerca di eros, di vita.
Torniamo al nostro narratore. Egli viaggia per lavoro in
lungo e in largo, perdendo qualche istante e guadagnando pensieri e vissuti
quasi deliranti ma talmente attraenti da sembrarci congrui. In uno di questi viaggi, avviene dunque l’incontro con un uomo…anzi no…non è un uomo, è il
suo alter ego. Da questo momento in poi ha inizio il suo pieno delirio. Tyler
Durden è tutto quello che a lui manca. E’ seducente, sicuro, polemico, cinico,
scaltro, ironico ma la cosa più importante, è libero. E lo è in tutti i modi in
cui non lo è lui che, è incastrato in una vita infelice e piatta e lui ne è
l’immobile spettatore. In questa bizzarra conversazione tra i due lati della
sua personalità, Tyler ci declina tutti i modi casalinghi per creare esplosivo.
Nella faccia di Jack qualcosa non torna…per un attimo qualcosa lo perplime ma
ormai il nostro protagonista è sedotto da Tyler.
Quando Jack torna a casa e la trova in fiamme per via di una
“accidentale” esplosione, avrebbe l’istinto di chiamare Marla per chiederle
aiuto. Questo ci da la misura di quanto lui fosse già coinvolto. Ma non regge e
riaggancia. E’ bloccato dalla paura di inoltrarsi in una relazione che nel suo
inconscio è già profonda. Dunque tra il desiderio di viversi una nuova
relazione e la paura, vince quest’ultima. Allora chi chiamare in soccorso se
non la sua parte più dominante, quella che gestisce, che controlla, quella che
non teme nulla, quella libera. Quando lui e Tyler si incontrano nel bar, ci
immergiamo nel dialogo interno di due parti. Una che si sentiva completa e realizzata
nei beni materiali che, gli fornivano l’illusione di una stabile identità e l’altra parte che, si ribella a tutto questo e che confina i suoi averi in un
contenitore sterile e privo di sostanza. Tyler qui si erge a maestro, guru “Non
essere mai completo e smettila di essere perfetto”. Cominciamo con il decalogo
di Tyler Durden che, con la sua filosofia di vita, vuole destrutturarci e
ricomporci in qualcosa di forte quanto indipendente e sciolto. Mentre il nostro
protagonista cerca il modo migliore per chiedere a Tyler di essere ospitato a
casa sua, osserviamo il nostro eroe con le sue modalità passive e timorose,
infantilmente non riesce a chiedere di essere ospitato. La sua paura è evidente
eppure viene sospinto in un vortice sempre più distaccato dalle sue proiezioni
passate. Inizia la simpatica convivenza e il nostro protagonista approda ad una
serie di scritti sugli organi del corpo umano. Organi che appartengono ad un
uomo di nome Jack. A mio avviso elemento
cruciale perché legato alla psicosomatica del nostro eroe che da questo
momento in poi, esprime le emozioni tramite gli organi corporei.
Qui avviene il primo passo che amo chiamare “rito di
passaggio” di Tyler. Si perché lo sta instradando verso una direzione.
Come sostiene R. Girard (autore che amo molto), “I riti di
passaggio sono legati all’acquisizione di una nuova condizione, all’iniziazione”
e il canale spesso in questi rituali è quello violento e Girard aggiunge che
“non basta subire la violenza, occorre anche esercitarla”. Ed ecco che infatti
Tyler lo spinge ad una lotta dove non solo bisogna ricevere un pugno ma anche
sferrarlo. Iniziano a lottare loro due e conversano sul “senso” di questo
momento “quanto ti conosci se non ti sei mai battuto con nessuno?”. Ma come
dice Girard “anche se la prova iniziatica è riservata a certi individui, è
implicata l’intera comunità: non c’è rito che non faccia funzionare l’unanimità
fondatrice”... approdiamo dunque all’inclusione di esterni. Uomini sbalorditi e
nello stesso tempo incuriositi da quello che stava succedendo “posso
partecipare?”. Da questo momento in poi
parte tra i due un’indicativa ricerca dei personaggi con cui potersi battere,
con cui mettersi alla prova, con cui sperimentarsi. Non a caso, nell’inconscio
c’è suo padre. Ad un certo punto è chiaro che il nostro narratore vorrebbe
lottare con lui…anche qui è celata la chiave del suo edipico passaggio
verso una individuazione e una ricercata identità…svincolo da un padre che ogni
sei anni cambia città e “aumenta le filiali”.
“Non eravamo soli”…no perché la lotta contro nostro padre non
è una battaglia unica ma è qualcosa che riguarda tutti. Il padre, il sistema di
regole e di aspettative e di richieste. Un giorno tutti noi siamo chiamati a
lottare contro di lui, contro il sistema. Il problema è il come si
struttura questa battaglia.
“Era davanti agli occhi di tutti…Tyler e io lo avevamo solo
reso visibile…Tyler e io gli avevamo solo dato un nome”. Ora siamo nello
scantinato di un locale dove tutto ebbe inizio…ci sono uomini medi e uomini di
successo “Benvenuti al Fight Club”…siamo i benvenuti in un clima di
rituali, sperimentazioni, crescite e tutto questo non può escludere sudore e
sangue, elementi che ci forniscono la violenza necessaria del rito di
iniziazione “da nessuna altra parte ti sentivi vivo come lì”. Anche qui ci sono
regole, come in ogni comunità che si rispetti. Come in ogni sistema di persone,
anche qui ci sono regole.
Mentre i giorni si susseguono in attesa del fine settimana
del Fight Club, assistiamo alla metamorfosi del narratore che, si
identifica sempre più con il suo alter ego (adesso Jack fuma)…”cominciammo a
vedere tutto in maniera diversa…tutti ci sentivamo salvi”…certo perché ora
siamo in cammino. La nostra prima prova è superata e ora possiamo leggere tutto
con una chiave diversa. “a volte Tyler parlava per me”…ormai Tyler parlava per
lui sempre.
Ma ecco che torna lei…il taglietto sul palato. Una
telefonata, un grido di aiuto di Marla che approccia un contatto sull’onda di un
tentato suicidio. Richiesta di aiuto
alla quale la parte spaventata di lui non risponde, fugge, rimuovendosi.
Peccato che a questa richiesta Tyler ha deciso di rispondere. Sì, perché la
parte di lui, libera, esplorativa e provocatoria, vuole viversi questa relazione.
Tyler non ha paura.
La mattina Marla è dentro casa di Jack,il quale ingenuamente,
pensava di aver sognato di aver avuto rapporti intimi con lei. In realtà nel
vederla li ne rimane turbato “cosa ci fai in casa mia?”…così lei se ne va.
Interessante successivo dialogo tra le due parti, dove Tyler chiede a Jack di
non rivelare dettagli importanti su di lui e nel frattempo chiede “non è che ti
piace?” e il dotto biliare di Jack risponde per lui.
Continuano i rapporti intimi tra Tyler e Marla e continuano
le dinamiche fra lui, Tyler e Marla, dove il vissuto di Jack è quello di un
bambino triangolato, “ho di nuovo sei anni, porto bigliettini a genitori che
non si parlano”…sempre più dettagli del suo passato, ci fanno rendere
conto di come un bimbo abbia potuto vivere
la coppia genitoriale “i miei genitori hanno fatto la stessa sceneggiata per
anni”.
Eccoci nel secondo rito di passaggio “facciamo il sapone”. Sì…
perché qui assieme al sapone, si compie una esperienza. Mentre si fanno lezioni
sulla dinamite, sulla storia e sulla evoluzione umana, il nostro protagonista
viene invitato a “stare” nel presente, a “stare” con il dolore, senza scappare, “resta con il dolore non lo scacciare” e la mente di Jack fugge nelle
meditazioni che aveva esperito. Appare anche Marla ma ora è diverso. Tyler gli
chiede di stare… “senza dolore non avremo niente…questo è il tuo
dolore…quello che senti è illuminazione prematura”. Jack sta iniziando a
lasciarsi andare, si sta abbandonando alla parte di sé visionaria e consapevole
del tutto, “ti devi arrendere…devi avere coscienza…è solo dopo aver perso tutto
che siamo liberi di fare qualsiasi cosa”.
Ora l’identificazione con Tyler è quasi completa. Cosa
assolutamente visibile anche nei mutati rapporti con il suo capo.
Arriva una seconda richiesta di aiuto da parte di Marla che, gli chiede di andare a controllare il suo stato di salute e mentre lui rimane
perplesso dal fatto che lei non avesse chiamato Tyler, lei tenta un approccio
fisico, dolce e poetico: un bacio. Questo romantico contatto lo mette talmente
sulla difensiva, da rispondere con una frase glaciale quanto distante “abbiamo
finito?”.
Man mano che tutto procede, il nostro protagonista si ritrova
nello scantinato del locale a lottare con Bob, il suo amico. Tyler si promuove
a messia e guru mentre ci fa riflettere “la nostra guerra è spirituale e la
nostra depressione è la nostra vita” e poi “alla settimana prossima” come in
una psicoterapia, infatti ogni uomo in questa settimana ha un compito da
svolgere. Si sta cominciando a delineare una strada che percorre il Fight
Club. Siamo incuriositi…cosa c’è sotto? Allora non è tutto qui…
Ormai Jack e Tyler sono quasi indistinguibili mentre, il
nostro protagonista si ritrova a minacciare il capo e mentre lo fa, pensa al
suo primo combattimento con Tyler…un altro padre da detronizzare.
Ma da ora in poi tutto si delinea con una certa rapidità.
Siamo nel progetto Mayhem. Ogni membro svolge dei compiti segreti e anche Tyler
ne ha uno. Cambiare la vita di un uomo. Sì perché Raymond K. S. che
lavora in un emporio stava studiando veterinaria e poi ha lasciato gli studi
per lavorare. Ma ora non più. Dopo le minacce di Tyler “Raymond K. S. domani
mangerà come noi non abbiamo mai mangiato…domani sarà il giorno più bello per
lui”. Non possiamo non essere, anche solo per un momento, spiazzati e allo stesso
tempo affascinati da questi agiti. Certo poi ci destiamo e comprendiamo che
Raymond K.S. domani mangerà con più gusto e terminerà gli studi di
veterinaria…ma perché lo farà? Perché è sotto minaccia. Allora è davvero la
paura che ci muove? E questo ci fornisce un pizzico di illuminazione sul modo
di pensare di Tyler. A questo punto potremmo facilmente pensare a dove ci stia
portando tutto questo…e allora forse tanta ammirazione potrebbe essere
sostituita da un certo grado di perplessità.
Ma aspettate, siamo di nuovo in casa Durden e c’è Marla che
ormai si è abituata ad essere maltratta e con un timido “mi levo di mezzo fra
un istante”, stuzzica il nostro protagonista che invece risponde con un “resta”.
Si apre qui un dialogo davvero interessante, dove il nostro eroe cerca di
salvare la principessa da una relazione dannosa “Cosa ci ricavi da tutto
questo? La cosa ti rende felice?” e lei “qualche volta si”…e mentre lui tenta
di spiegare goffamente il suo vissuto parlando di Tyler, il suo alter ego
scalpita dalla cantina. L’immagine di un Tyler in cantina mi fa pensare ad un
Jack che ha un barlume di coscienza e che tenta di riparare qualcosa, arginando
l’elemento destabilizzante (Tyler). Ma il barlume muore perché Tyler prende il
sopravvento…e la conversazione si chiude lì…con una porta che sbatte e una dolce
Marla che si arrende.
Torniamo al progetto Mayhem: prima recluta e... “prima o poi
diventavamo tutti quello che voleva Tyler”, seconda recluta e così via. Dopo la
prima scimmia spaziale “pronta a sacrificarsi per un bene più grande”
l’esercito è quasi in piedi. Nel frattempo, alla notizia che l’incendio nella
sua casa è stato doloso, piomba in Jack uno stupore che quasi ci fa riflettere.
Mentre il progetto Mayhem procede assistiamo a tutti i
vandalici atti di ripristino di un ordine meno strutturato e definito, guidato
da membri freddi, asettici, quasi ipnotizzati. E poi…non ci dimentichiamo che
questa cosa fra lui e Tyler, è una cosa nuova per il nostro eroe, forse mai
provata, motivo per cui gli sale una gelosia infinita verso un acerbo Jared
Leto che, viene malmenato e quasi ucciso, deturpato. Il quasi pupillo di Tyler
è quasi morto e lui…”volevo distruggere qualcosa di bello” risponde al suo
bisogno di distruzione… “volevo respirare fumo”, di ribellione per la minaccia
che percepiva nel loro rapporto….Ma tutto questo è l’ottima preparazione per il
successivo rito di passaggio dove in una macchina senza pilota, Jack viene
guidato alla esplorazione del suo inconscio. L’eroe si sente escluso, “tu e io”,
contro un Tyler che risponde sottraendosi “ questa cosa non appartiene a
noi…noi non siamo speciali” e, come se non bastasse, gli fornisce una ulteriore
lezione di vita “ dimentica quello che sai della vita, dell’amicizia e di te e
di me”…e mentre la rabbia del nostro eroe monta (unica emozione tramite la
quale si esprime), il suo alter ego lo chiama ad un ulteriore passaggio, “
guardati…perché credi che abbia fatto esplodere casa tua…smettila di cercare di
controllare tutto…lasciati andare”. Il nostro eroe, complice la paura (di nuovo
come per Raymond K.S.), prova a lasciarsi andare. Una particolare canzone in
sottofondo, ci fa assistere ad un violentissimo impatto con la vita, o la morte,
mentre Tyler “abbiamo avuto una esperienza di quasi vita”. Qui anche noi facciamo silenzio. Noi con i
nostri pensieri e le nostre certezze…siamo comunque scettici. Quasi
imbarazzati, dubbiosi, completamente assorbiti da un tutto che sta iniziando a
prendere forma.
Ma proprio adesso…sì proprio ora Tyler se ne va.
Tyler non c’era più.
Il nostro eroe si aggira nel pianeta Tyler, dove le scimmie
spaziali producono sapone e organizzano i loro colpi. Come si sentirà lui?
“sono solo…mio padre mi ha abbandonato…Tyler mi ha abbandonato…sono il cuore
spezzato di Jack”.
Marla torna e gli chiede di poter entrare in casa ma lui non
è pronto. E’ ancora in lutto per aver perso il padre, di nuovo. Marla se ne va.
Da qui in poi il ritmo del film cambia. Tutto scorre a
velocità supersonica e arrivano i primi feriti, Bob. Bob è morto. Proprio lui,
il suo primo e unico amico. Ecco un altro abbandono. Qui arriva la sua prima
lezione al gruppo “quando un membro muore ha un nome…il suo nome Robert
Paulsen”…e questa scena è talmente comica da sembrarmi surreale. “Devo trovare
Tyler” ed è qui che l’eroe parte alla ricerca del suo alter ego.
Metaforicamente gira il mondo, non sapendo ancora che Tyler è dentro, non
fuori. Accede ad ogni bar, ogni vicolo e luogo che abbia ospitato il Fight
Club. Come nel passato dove perdeva un’ora e guadagnava un’ora…è sempre in
ritardo e pare quasi che manchi Tyler per un soffio, tutte le volte. Eh
sì…anche Tyler “ha aumentato le filiali” e davanti ad un “bentornato signore”,
Jack ha un sussulto e finalmente ha il primo insight “secondo lei io chi
sono?”. La mia parte preferita parte da qui. La sua frammentata identità cerca
una coerenza…lui avverte la scissione nel suo profondo. Stiamo entrando nella
sua oscura intimità. Finalmente!
Lui ha dubbi profondi, si sente solo, confuso e spaventato.
Cosa fa? Chiama Marla .E alla domanda …lei risponde “Tyler Durden… Tyler
Durden…schizzato…”. Schizzato…scisso, diviso. Che meraviglia.
E torna Tyler, arrabbiato, determinato ad eliminare il nostro
eroe che sancisce il tutto “Siamo la stessa persona”. Lo stupore mentre Tyler
gli spiega come sia avvenuto tutto ciò “cercavi un modo per cambiare la tua
vita…non potevi farlo da solo…sono quello che vorresti tu, libero come non lo
sei tu” e come se non bastasse, “pian piano ti stai lasciando diventare Tyler
Durden”. Baaaam!
Tyler qui manifesta il desiderio di eliminare Marla perché
“sa troppe cose” e Jack inizia una serie di movimenti per salvare tutto e
tutti. Vuole salvare lei “la vera natura del nostro rapporto non mi era
chiara…tu mi piaci moltissimo” e mentre pronuncia queste parole, la incita a
lasciare la città. Bene. Ora che Marla è salva, può dedicarsi a salvare il
resto del mondo. Peccato che la sua intelligenza lo ha preceduto. Aveva
previsto tutto e preparato i membri ad un qualsiasi cambiamento di rotta. Ma
eccoci ad uno scontro importante…siamo nel garage di un palazzo…c’è un furgone
con dell’esplosivo e il nostro eroe sta sabotando tutto. Arriva Tyler e
lottano. Ma stavolta non è come la prima volta. Qui c’è vita. Qui qualcuno si
vuole riappropriare della propria identità. Anzi…vuole crescere. Non c’è più
dipendenza…
Lo svincolo è in atto…
“tre minuti ci siamo…” Eccoci dove tutto ebbe inizio…”Pensa a
tutto quello che abbiamo creato”. A breve ci sarà una esplosione alla quale i
nostri eroi potranno assistere dall’ultimo piano di un bel grattacielo. Qui c’è
un fantastico dialogo fra i due dove il nostro protagonista. tenta una ultima
docile supplica al dio Tyler che, vuole prendere di nuovo il sopravvento…ma non
ce la fa. Stavolta no. La consapevolezza sale in Jack fino a quando “Tu non sei
reale” (insight) e “la pistola non è nemmeno nella tua mano…è nella mia”. Si capovolge
drasticamente la situazione e qui ci stiamo gasando perché sentiamo il phatos
arrivare al culmine. Il nostro eroe si punta la pistola alla gola… “alla nostra
gola”…”voglio che adesso mi ascolti attentamente…con gli occhi aperti”…Forse
vediamo un pizzico di paura in Tyler. Nel nostro eroe vediamo solo quella
virile, decisa determinazione e…Boom! E' veramente il nostro eroe...
C’è uno sparo…e Tyler “cosa è questo odore?”…E’ fumo. Lo
stesso che… “Volevo respirare fumo” di quando Jared Leto veniva malmenato.
Arriva Marla trascinata dalle scimmie spaziali, “ti sei
sparato da solo?” …”si ma sto benissimo”. Anche qui, tanto surreale quanto
ammaliante …Iniziano le esplosioni, lei ha un sussulto e tra le parole del
nostro eroe “andrà tutto bene”…i due si prendono per mano e si godono lo spettacolo.
Tra l’incredulità e l’amore c’è una apertura verso Marla “mi hai conosciuto in
un momento molto strano della mia vita” e sulle note di Where is my mind
si chiude questa meravigliosa pellicola.
Avevo scritto molto altro…ma preferisco fermarmi. Questo
poetico e patologico film è talmente denso di dettagli che è impossibile
declinarli tutti. La storia d’amore tra queste due personalità così diverse
eppure così magicamente incastrate, ha un ruolo cruciale in tutto. Se lui non
fosse stato in questo momento strano della sua vita, non ci sarebbe stata
nessuna Marla…o forse, è proprio perché è arrivata Marla che è successo tutto
questo. Ecco… io credo di sì. L’ arrivo di questa ragazza ha destabilizzato
talmente il sistema interno di questo uomo, da portarlo alla
scissione…Chiaramente è la mia personale interpretazione.
La paura è una emozione complessa…seducente quanto
paralizzante…come l’amore.